venerdì 13 dicembre 2013

Stranezza di proporzioni



Incredibile. Dopo oltre un anno di stasi il No Pipe Blog si rianima, come una mummia dopo secoli di sonno mortifero.
Quello che vi porto oggi è il prologo di un romanzo a me assai caro, che purtroppo non è mai stato pubblicato nella nostra lingua. Fino ad oggi. Mi sono preso la briga di cominciare a tradurlo, sempre con l'aiuto della sempiterna editor Sara che come al solito sta svolgendo un lavoro eccelso.
Bando dunque alle ciance ed ecco il prologo di "Strangeness in the Proportion", di Joshua Alan Doetsch.



PROLOGO

Non esiste bellezza squisita... senza una qualche stranezza di proporzioni

—Edgar Allan Poe, "Ligeia"

Le zucche lasciate fuori a marcire diventano vampiri.
Lo sapevi questo, Jane?
Il pensiero solletica il mio cervello come una lingua biforcuta mentre siedo nella mia auto parcheggiata, contemplando il massacro e aspettando che l'assenzio faccia effetto.
Sei lì Jane? Qui fa freddo ed è buio. Ma se penso alle zucche, ricordo e sono là...
Gli echi di una sapienza dimenticata escono al rallentatore dalla mia memoria.
Gli Zingari jugoslavi credevano che una zucca, se tenuta troppo a lungo, sorgesse alla vita sotto forma di vampiro assetato di sangue.
Zucca Diabolica.
E perché no? La zucca è come l'ovaia strappata dalla pianta. Qualcosa ci entra dentro --- un fantasma perduto, un pensiero malvagio, onde radio clandestine, un brutto concetto, qualcosa che hai detto a qualcuno ma non potrai mai ritirare --- e fertilizza quell'utero di carne pulsante. Forse le circostanze di propagazione sono specifiche, tanto quanto quelle della rara vespa caccia-tarantole che è il solo impollinatore di un ancora più raro fiore. Forse accade solo una volta in un secolo.
Ma succede.
Fuori dall'auto, i bambini corrono a zigzag, sfidando le strade dopo il tramonto, la notte dopo Halloween, spaccando zucche. E' qualcosa di religioso. Come un sacramento.
Squash.
Squash.
Squash.
La scena si piega in verdi onde di alchimia onirica. I colori si fanno più intensi. Le linee sfocano. Le facce dei Jack O'Lantern si animano ---- sorrisi ultraterreni dappertutto. Le zucche si muovono, ma io non riesco a sentirle. Non ancora.
Sono tutte sorrisi e risatine alla Lon Chaney.
Ridacchio anch'io. Ho capito la battuta. Prendo un altro sorso del veleno verdastro nel mio thermos, aspetto che l'Acqua Morta mi riempia la testa per nutrire quei pensieri terribili.
E' quello che Mr. Knock mi ha detto di fare. Ha detto: "Devi distorcere la tua vista, caro ragazzo, per distinguere le ombre nella nebbia, i teschi sotto la pelle."
La cosa che ricordo di Mr. Knock, Jane, è che parlava con la bocca piena.
Li vedo i teschi. E’ il Giorno dei Morti e sono parcheggiato di fianco a una serie di appartamenti ristretti, oltre la strada ci sono un supermercato e un fast-food fallito di recente.
I bambini succhiano piccoli teschi di zucchero. Ossa e sorrisi sardonici adornano le case. Celebrano la festa dei miei pazienti. Non sono teschi tristi, sono felici.
La cosa dei teschi è che sorridono sempre. Accigliarsi è un'operazione possibile solo alla carne. Eh, Jane?
I bambini spaccano zucche. Distruggono dei possibili vampiri. Le strade si tingono violentemente d’arancio, mentre vengono uccisi gli embrioni dei mostri.
La prevenzione, dicono, è meglio della cura. Eh, Jane?
Io ho un mio mostro, vero e proprio. Il suo nome è Hector. Vive nell'appartamento 4C.
"Non fare casini con questo tipo" ha dichiarato la mia fonte. "E' meschino a livelli da King-Stronzo-Kong. Dicono che abbia divorato il fratello gemello nell'utero."
Alla mia fonte piaceva imprecare.
Guardo in alto verso la finestra del mio mostro. Ancora buio. La mano destra si abbandona sulla valigetta nera, cercando conforto.
Sento grattare le ossa tra loro, sotto le bende arrotolate frettolosamente alla mano sinistra.
Il mio occhio sinistro è cieco. I segni degli artigli bruciano nella gamba destra --- ricordi ombrosi del cimitero e dei denti, denti, denti!
Le dita della mia mano destra si contorcono come scheletri intrappolati in un profilattico. I miei nervi diventano ragni furiosi se non tengo occupate le mani. Ma non ho né le mie monete né le carte, quindi faccio sparire e apparire uno scintillante bisturi, facendolo danzare tra le dita, su e giù come in un numero di prestidigitazione.
L'attesa è la parte peggiore.
Una scia di briciole di pane mi ha condotto qui: prove e piste e le cose più strane. Le bizzarrie. E l'Acqua Morta. Mi chiedo se ciò che mi ha raccontato Mr. Knock sia vero, riguardo le cose sotto il letto, tra i muri, e oltre la periferia. "Li hai visti, no, Simon --- torturarti la vista quella prima volta in cui mammina spense la luce della tua camera?".
Il suo nome intero era Ichabod Knock. Alcuni lo chiamavano Icky. Mi chiedo se stesse dicendo la verità, mentre rozze strisce di pelo e viscere bagnate pendevano dalla sua bocca.
Mi chiedo se i bambini spaccano zucche il giorno dopo Halloween perchè lo trovano divertente o a causa di qualche istinto di sopravvivenza sopito --- come la paura dei sotterranei, delle soffitte, o del buio --- di cui alla fine si disfano crescendo, appendici rigonfie e tonsille tagliate fuori dalla mente.
Mi chiedo e intanto sorseggio il mio assenzio: nuvoloso, verde-mistico, tasso di gradazione uno-e-sessanta, ottanta per cento di alcol giù per la gola. Scivola di sinapsi in sinapsi, radici affamate e bramose di un albero che sta crescendo.
C'è un albero fantasma che cresce nella mia testa--- c'è un albero fantasma che si nutre di morti. Eh, Jane?
Dicono che se bevi abbastanza, puoi diventare cieco. Dicono che Van Gogh fosse in sbronza da assenzio quando si tagliò l'orecchio. Io dico che era zelante verso il suo tesoro.
Dentro la valigetta nera c'è il mio kit standard scena-del-crimine. Tamponi, provette, lenti di ingrandimento, ecc... Stanotte, ho infilato dentro diversi strumenti da post-scena-del-crimine: bisturi, taglia ossa, scalpello cranico, sega Gigli, e tutta una serie di diavolerie assortite.
Fuori, adesso posso sentire le zucche ridere come iene sotto elio.
L'assenzio era popolare nel diciannovesimo secolo, specialmente tra gli artisti boemi. La maledizione Francese. La fatina verde. Follia in bottiglia. Adesso è di nuovo popolare. Non è per questo che lo bevo. Innanzitutto, non lo bevo nella giusta maniera: con una zolletta di zucchero in un cucchiaino piazzato sul bicchiere, versando acqua sopra lo zucchero, per diluirlo e addolcirlo. E’ il rituale che attrae la gente, ma i rituali col tempo diventano noiosi.
Io lo bevo da un Thermos di plastica dei Looney Tunes, interessandomi unicamente all'effetto.
Bevimi, dice il messaggio scritto con un pennarello sul pezzo di nastro adesivo attaccato al mio thermos. Ed io obbedisco.
Ci sono tre fasi nella mia sbornia da assenzio. Non so se agisca sulle altre persone nello stesso modo. Nel mio caso, ho uno squilibrio chimico.
Ora sono nella prima fase. Colori intensi, linee sfocate--- anche gli impressionisti bevevano questa roba. Bambini, zucche e teschi si trasmutano in dipinti Impressionisti animati. E' bellissimo. Il luccichio delle frattaglie dei Jack O'Lantern scotta il mio occhio con un crudele bruciore arancione.
La fase uno è sociale. Io non sono socievole, ma l'assenzio mi fa venire voglia di parlare e creare e fumare. Neanche fumo normalmente. Posso anche lavorare senza manifestare alterazioni durante una sbornia, sono un sognatore lucido nelle mie allucinazioni.
Guardo la finestra del mio mostro. Ancora buio. Le radici dell'assenzio trafiggono i miei timpani, rendendo la musica irritante, così cambio stazione...
"Una residente di Logan Square afferma di aver trovato i resti essiccati del suo pit-bull avvolti in un'enorme ragnatela, nel vicolo dietro la sua casa. I vicini dicono---"
Spengo la radio.
Il 4C è ancora buio. L'attesa è la parte peggiore.
L'assenzio strizza il mio cervello, aggrovigliandosi nella mia testa, nutrito da troppa Acqua Morta. Chiudo gli occhi. Vedo l'albero fantasma, e su quell'albero a testa in giù crescono rami di assenzio, e su quei rami a testa in giù ci sono corvi a testa in giù. I corvi spettrali. O forse sono ghiandaie. Io le chiamo Cornacchie. Ogni Cornacchia conosce un aneddoto morboso.
"Mi raccontate una storia?". Chiedo agli uccelli neri nella mia testa. "Qualcosa per passare il tempo".
In una cacofonia gracchiante, ogni Cornacchia elenca un servigio eseguito per l'umanità dai cadaveri: testare procedure chirurgiche, testare la prima ghigliottina, testare tecniche di imbalsamazione nel laboratorio di Lenin, essere crocefissi in un laboratorio parigino per verificare l'autenticità della Sacra Sindone.
"Andate avanti," dico.
Altre gracchiate. Altre curiosità macabre.
"La più lunga esecuzione durò quarant'anni" dice una Cornacchia. "Re Gustavo di Svezia voleva vedere quale fosse peggiore, caffè o tè. Il bevitore di tè morì prima".
Stringo il mio bisturi. "Penso che io sarò più veloce".
Questo fa agitare le Cornacchie che fanno ballonzolare le teste sui rami. Un'altra cornacchia canta un vecchio slogan della Mountain Dew: "Solleticherà le tue interiora!"
Un grasso corvo filosofo, alto su un ramo a testa in giù, pontifica ai suoi seguaci se ci sia o no un aldilà, e cosa succederebbe se l'umanità collettivamente decidesse che non ve n'è alcuno. Alla fine ipotizza che finiremmo per crearcene uno comunque. Forse congeleremmo i nostri cervelli, trasformeremmo le personalità in codice binario, spezzeremmo le anime in uni e zeri, e le invieremmo in vastissimi aldilà virtuali.
"Potremmo scaricare i morti in hard disk chiamati Paradiso e Inferno?" chiede una Cornacchia.
"Da dove si scaricano i bambini?" chiede un'altra.
"Chi giudicherebbe un'anima e quale sarebbe il criterio di catalogazione?".
"Ci sarebbero programmi angeli e demoni per continuare la manutenzione e prendersi cura dei virus?"
"Potresti tenere sedute spiritiche con familiari morti via e-mail?"
"Riceveremmo spam dai morti?"
Questi sono pensieri assenzio-guidati --- un delitto nella mia testa.
I colori fluiscono, le ombre danzano. Fuori, le zucche diventano teste mozzate. Una testa umana è circa dello stesso peso e taglia di un pollo arrosto. Sorrido alle teste, familiari e rassicuranti. Ricordo il giorno in cui vidi file e file di teste mozzate dentro pentole di alluminio per arrostire, allineate su tovaglie di plastica profumate di lavanda rilassante, mentre attendevano pazientemente gli studenti di chirurgia estetica.
"Giorno dopo giorno, testa dopo testa--- il sogno bagnato di un serial killer--- mentre gli studenti giocano coi morti, jiggety-jig" canticchiano le Cornacchie.
Il 4C si accende.
Il mio mostro è a casa. Posso vedere la sua silhouette nella finestra, il suo torace, le spalle e braccia così inverosimilmente massicci. Hector tira fuori una bottiglia e tracanna.
Mi sento minuscolo. Sono un microbo. Lui è un mammut.
Poi penso a Jane e ai suoi occhi dorati. Lo sto facendo per Jane. E questo mette tutto a posto.
"Cin-cin, Hector. Ci vediamo."
Lui beve dalla sua bottiglia e io dal mio thermos. Si suppone che Napoleone e i suoi soldati assumessero assenzio. Li rendeva senza paura in battaglia, mentre marciavano nel fuoco dei moschetti--- potenziati con il verde fuoco-divino. Conquistando. Invincibili.
"Nel 1915, l'assenzio fu proibito in Francia," dice una Cornacchia erudita. "Pensa alla loro storia militare dopo quel punto e ricava le tue conclusioni."
L'assenzio scricchiola e cigola nella mia testa, come gambi di granturco che cianciano nel buio. I bambini si dileguano dalle strade lamentose. Poche zucche sono sopravvissute. Sorrido ancora al frutto malefico. Poi, tutto va male.
L'aria si arrabbia.
Le vibrazioni diventano negative.
Il finestrino della mia auto scivola giù fino a metà prima che riesca a forzare via il dito dal pulsante, e fermarmi dall'urlare ai bambini, implorandoli di finire il lavoro. Una piccola ragazzina rimasta indietro vede i miei fari che incrociano la strada. Gira la testa e le sue fauci si riempiono di denti da squalo, il suo teschio di zucchero è un osso umano colante di midollo. Mi tappo le orecchie al suono dello stridio epilettico di dente su osso.
Mi chiedo dove sia Nyx. E' al sicuro? E' finita come gli altri?
Ricordo di aver raccontato a Nyx che ero preoccupato di non essere in grado di distinguere i veri mostri dalle allucinazioni. "Non importa", mi ha detto, "non se spari a tutti quanti."
Diverse teste-zucche ridono di me. I graffiti scivolano su e giù nei muri, formando testi osceni e apocrifi. I vicoli sibilano e tremano.
Dall'altra parte della strada, il cartellone a forma di faccia di clown delle ordinazioni del fast-food mi adocchia, si illumina; il suo sorriso da gargoyle blatera in sussurri demoniaci, mormorando segreti che non riesco proprio a capire--- promettendo qualcosa di orribile se anche solo una di quelle zucche viene lasciata lì al rintocco della mezzanotte. Cerco educatamente di ignorarlo.
Sento le parole di Mr. Knock: "Giù per la tana del bianconiglio, ragazzo! Dritto minacciosamente attraverso la lastra di vetro, nella stanza segreta dove Alice giocava al tè coi cadaveri. Niente investimento, niente guadagno. Una volta che vedi l'Abisso, lui vede te."
Fuori, piccioni svolazzano su ali di pipistrello. Da qualche parte, voci fantasmagoriche ululano con lamenti di caprimulgo. Un palazzo oscilla su zampe di gallina dagli artigli insanguinati, pronto a scappare via come un fuggiasco di una favola russa.
Chiudo brutalmente gli occhi. Penso a Jane. Medito sulla sua pallida bellezza. Penso ai suoi occhi luminosi.
E si ferma.
Le strade tornano ad essere dipinti impressionisti.
Il mio sospiro di sollievo si blocca in gola, strozzandomi, quando noto una figura nello specchietto retrovisore. La sagoma è una macchia informe, appollaiata sul bagagliaio della mia auto. Mi giro di scatto. Poi quella sensazione mi colpisce. Quella che provi quando perdi le tue chiavi sebbene non vi sia alcun posto in cui potrebbero essere, a parte la tua tasca.
Non c'è nulla. Niente figura.
Ha infestato i miei progressi. E' stato lì sin dall'inizio--- sussurrandomi indizi alla Fontana di Buckingham e al parco giochi, sull'altalena. Mi ha donato le briciole.
La mia ombra, Jane. Diceva di essere la mia ombra.
E' ora, Hector.
Scendo dall'auto. Mi congelo. I dubbi continuano a ronzare come mosche carnarie fornicanti, pensieri sulle braccia massicce di Hector e la sua presunta tendenza a divorare i feti dei fratelli. Ma c'è altro. Sono su un baratro. Dall'altra parte c'è un atto sanguinoso. Da questa parte, sono un bravo ragazzo.
Guido sempre entro i limiti. Tengo le porte aperte per le persone. Evito il conflitto.
Penso a Jane---i suoi occhi dorati. Penso a come Hector e gli altri hanno fatto del male a Jane. Penso alla promessa che le ho fatto, l'ultima volta che l'ho abbracciata e baciata. Lo sto facendo per Jane.
Ed è abbastanza.
Apro la lampada del genio racchiusa nel mio petto, e ne lascio strisciare fuori qualcosa di disgustoso.
Le Cornacchie svolazzano e strillano sull'albero fantasma. Sfodero il mio bisturi. Se lo faccio nel modo giusto, mi servirà solo il bisturi.
Lei è fredda, rigida e raffinata. Provo, e mi lascio essere così raffinato, così freddo. Il suo bacio è leggero e preciso.
Il mio riflesso mi fissa dalla finestra di un negozio, ma non lo riconosco.
L'hai mai fatto, Jane--- fissare uno specchio finché la tua faccia diventa strana? La parola detta troppe volte, aliena sulla lingua. La libertà di perdere la propria identità.
Questo nuovo essere mi osserva. Indossa i miei abiti neri, ma gli stanno meglio. Ha il mio cappotto logoro. I suoi capelli, scuri e scompigliati, spuntano da sotto la sua bombetta nera. Porta i miei occhiali, ma la luce tremolante dei lampioni li trasforma in bianche e inumane feritoie.
Nel riflesso, dietro di me, di nuovo la figura distorta.
La mia ombra.
Sobbalzo girandomi ma prima che possa anche solo voltare la testa, torna la sensazione delle chiavi perdute. E poi...
Niente.
Mi ricordo, Jane, la mia ombra prese vita. Loki. La mia ombra disse che il suo nome era Loki e dopo che ci separammo, non potei più ricucirmela addosso.
"Guarda questo" dico, sfidando l'aria. Mi volto indietro verso la finestra e il nuovo essere ha un sorriso. Tutto è scuro a parte le feritoie scintillanti e il sorriso luminoso, una faccia da Stregatto.
Mi giro e percorro sinuoso e furtivo, sull'asfalto cosparso di foglie, la strada verso l'appartamento di Hector, la testa piena di stregonerie verdi, intenzioni malvagie, e ogni sorta di crudeltà.
Sto sfondando il limite di velocità.
Sono fuori percorso.
Sono sotto il letto.
Hic sunt monstra.
Ho fatto tutto per te, Jane. Che genere di storia è questa? Noir? Orrore? No. Questo è un poema d'amore. L'ho scritto con un bisturi.
Mi apposto all'ingresso del palazzo di Hector. Scuoto il polso e qualcosa di lucente e affilato appare nelle mie dita.
Ma questo non è l'inizio, Jane. Cominciò tutto con i tuoi occhi. Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati, la prima volta che ti ho tenuto la mano? Sei arrivata nel Laboratorio Autopsie 6 e ho osservato i tuoi occhi dorati, imperturbabili. Ci siamo conosciuti nel Laboratorio Autopsie 6.
Stringo il mio bisturi e calpesto una zucca ridacchiante prima di entrare.
Ti amo, Jane Doe. 

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