Incredibile. Dopo oltre un anno di stasi il No Pipe Blog si rianima, come una mummia dopo secoli di sonno mortifero.
Quello che vi porto oggi è il prologo di un romanzo a me assai caro, che purtroppo non è mai stato pubblicato nella nostra lingua. Fino ad oggi. Mi sono preso la briga di cominciare a tradurlo, sempre con l'aiuto della sempiterna editor Sara che come al solito sta svolgendo un lavoro eccelso.
Bando dunque alle ciance ed ecco il prologo di "Strangeness in the Proportion", di Joshua Alan Doetsch.
PROLOGO
Non
esiste bellezza squisita... senza una qualche stranezza di
proporzioni
—Edgar
Allan Poe, "Ligeia"
Le
zucche lasciate fuori a marcire diventano vampiri.
Lo
sapevi questo, Jane?
Il
pensiero solletica il mio cervello come una lingua biforcuta mentre
siedo nella mia auto parcheggiata, contemplando il massacro e
aspettando che l'assenzio faccia effetto.
Sei
lì Jane? Qui fa freddo ed è buio. Ma se penso alle zucche, ricordo
e sono là...
Gli
echi di una sapienza dimenticata escono al rallentatore dalla mia
memoria.
Gli
Zingari jugoslavi credevano che una zucca, se tenuta troppo a lungo,
sorgesse alla vita sotto forma di vampiro assetato di sangue.
Zucca
Diabolica.
E
perché no? La zucca è come l'ovaia strappata dalla pianta. Qualcosa
ci entra dentro --- un fantasma perduto, un pensiero malvagio, onde
radio clandestine, un brutto concetto, qualcosa che hai detto a
qualcuno ma non potrai mai ritirare --- e fertilizza quell'utero di
carne pulsante. Forse le circostanze di propagazione sono specifiche,
tanto quanto quelle della rara vespa caccia-tarantole che è il solo
impollinatore di un ancora più raro fiore. Forse accade solo una
volta in un secolo.
Ma
succede.
Fuori
dall'auto, i bambini corrono a zigzag, sfidando le strade dopo il
tramonto, la notte dopo Halloween, spaccando zucche. E' qualcosa di
religioso. Come un sacramento.
Squash.
Squash.
Squash.
La
scena si piega in verdi onde di alchimia onirica. I colori si fanno
più intensi. Le linee sfocano. Le facce dei Jack O'Lantern si
animano ---- sorrisi ultraterreni dappertutto. Le zucche si muovono,
ma io non riesco a sentirle. Non ancora.
Sono
tutte sorrisi e risatine alla Lon Chaney.
Ridacchio
anch'io. Ho capito la battuta. Prendo un altro sorso del veleno
verdastro nel mio thermos, aspetto che l'Acqua Morta mi riempia la
testa per nutrire quei pensieri terribili.
E'
quello che Mr. Knock mi ha detto di fare. Ha detto: "Devi
distorcere la tua vista, caro ragazzo, per distinguere le ombre nella
nebbia, i teschi sotto la pelle."
La
cosa che ricordo di Mr. Knock, Jane, è che parlava con la bocca
piena.
Li
vedo i teschi. E’ il Giorno dei Morti e sono parcheggiato di fianco
a una serie di appartamenti ristretti, oltre la strada ci sono un
supermercato e un fast-food fallito di recente.
I
bambini succhiano piccoli teschi di zucchero. Ossa e sorrisi
sardonici adornano le case. Celebrano la festa dei miei pazienti. Non
sono teschi tristi, sono felici.
La
cosa dei teschi è che sorridono sempre. Accigliarsi è un'operazione
possibile solo alla carne. Eh, Jane?
I
bambini spaccano zucche. Distruggono dei possibili vampiri. Le strade
si tingono violentemente d’arancio, mentre vengono uccisi gli
embrioni dei mostri.
La
prevenzione, dicono, è meglio della cura. Eh, Jane?
Io
ho un mio mostro, vero e proprio. Il suo nome è Hector. Vive
nell'appartamento 4C.
"Non
fare casini con questo tipo" ha dichiarato la mia fonte. "E'
meschino a livelli da King-Stronzo-Kong. Dicono che abbia divorato il
fratello gemello nell'utero."
Alla
mia fonte piaceva imprecare.
Guardo
in alto verso la finestra del mio mostro. Ancora buio. La mano destra
si abbandona sulla valigetta nera, cercando conforto.
Sento
grattare le ossa tra loro, sotto le bende arrotolate frettolosamente
alla mano sinistra.
Il
mio occhio sinistro è cieco. I segni degli artigli bruciano nella
gamba destra --- ricordi
ombrosi del cimitero e dei denti, denti, denti!
Le
dita della mia mano destra si contorcono come scheletri intrappolati
in un profilattico. I miei nervi diventano ragni furiosi se non tengo
occupate le mani. Ma non ho né le mie monete né le carte, quindi
faccio sparire e apparire uno scintillante bisturi, facendolo danzare
tra le dita, su e giù come in un numero di prestidigitazione.
L'attesa
è la parte peggiore.
Una
scia di briciole di pane mi ha condotto qui: prove e piste e le cose
più strane. Le bizzarrie. E l'Acqua Morta. Mi chiedo se ciò che mi
ha raccontato Mr. Knock sia vero, riguardo le cose sotto il letto,
tra i muri, e oltre la periferia. "Li hai visti, no, Simon ---
torturarti la vista quella prima volta in cui mammina spense la luce
della tua camera?".
Il
suo nome intero era Ichabod Knock. Alcuni lo chiamavano Icky. Mi
chiedo se stesse dicendo la verità, mentre rozze strisce di pelo e
viscere bagnate pendevano dalla sua bocca.
Mi
chiedo se i bambini spaccano zucche il giorno dopo Halloween perchè
lo trovano divertente o a causa di qualche istinto di sopravvivenza
sopito --- come la paura dei sotterranei, delle soffitte, o del buio
--- di cui alla fine si disfano crescendo, appendici rigonfie e
tonsille tagliate fuori dalla mente.
Mi
chiedo e intanto sorseggio il mio assenzio: nuvoloso, verde-mistico,
tasso di gradazione uno-e-sessanta, ottanta per cento di alcol giù
per la gola. Scivola di sinapsi in sinapsi, radici affamate e bramose
di un albero che sta crescendo.
C'è
un albero fantasma che cresce nella mia testa--- c'è un albero
fantasma che si nutre di morti. Eh, Jane?
Dicono
che se bevi abbastanza, puoi diventare cieco. Dicono che Van Gogh
fosse in sbronza da assenzio quando si tagliò l'orecchio. Io dico
che era zelante verso il suo tesoro.
Dentro
la valigetta nera c'è il mio kit standard scena-del-crimine.
Tamponi, provette, lenti di ingrandimento, ecc... Stanotte, ho
infilato dentro diversi strumenti da post-scena-del-crimine: bisturi,
taglia ossa, scalpello cranico, sega Gigli, e tutta una serie di
diavolerie assortite.
Fuori,
adesso posso sentire le zucche ridere come iene sotto elio.
L'assenzio
era popolare nel diciannovesimo secolo, specialmente tra gli artisti
boemi. La maledizione Francese. La fatina verde. Follia in bottiglia.
Adesso è di nuovo popolare. Non è per questo che lo bevo.
Innanzitutto, non lo bevo nella giusta maniera: con una zolletta di
zucchero in un cucchiaino piazzato sul bicchiere, versando acqua
sopra lo zucchero, per diluirlo e addolcirlo. E’ il rituale che
attrae la gente, ma i rituali col tempo diventano noiosi.
Io
lo bevo da un Thermos di plastica dei Looney Tunes, interessandomi
unicamente all'effetto.
Bevimi,
dice il messaggio scritto con un pennarello sul pezzo di nastro
adesivo attaccato al mio thermos. Ed io obbedisco.
Ci
sono tre fasi nella mia sbornia da assenzio. Non so se agisca sulle
altre persone nello stesso modo. Nel mio caso, ho uno squilibrio
chimico.
Ora
sono nella prima fase. Colori intensi, linee sfocate--- anche gli
impressionisti bevevano questa roba. Bambini, zucche e teschi si
trasmutano in dipinti Impressionisti animati. E' bellissimo. Il
luccichio delle frattaglie dei Jack O'Lantern scotta il mio occhio
con un crudele bruciore arancione.
La
fase uno è sociale. Io non sono socievole, ma l'assenzio mi fa
venire voglia di parlare e creare e fumare. Neanche fumo normalmente.
Posso anche lavorare senza manifestare alterazioni durante una
sbornia, sono un sognatore lucido nelle mie allucinazioni.
Guardo
la finestra del mio mostro. Ancora buio. Le radici dell'assenzio
trafiggono i miei timpani, rendendo la musica irritante, così cambio
stazione...
"Una
residente di Logan Square afferma di aver trovato i resti essiccati
del suo pit-bull avvolti in un'enorme ragnatela, nel vicolo dietro la
sua casa. I vicini dicono---"
Spengo
la radio.
Il
4C è ancora buio. L'attesa è la parte peggiore.
L'assenzio
strizza il mio cervello, aggrovigliandosi nella mia testa, nutrito da
troppa Acqua Morta. Chiudo gli occhi. Vedo l'albero fantasma, e su
quell'albero a testa in giù crescono rami di assenzio, e su quei
rami a testa in giù ci sono corvi a testa in giù. I corvi
spettrali. O forse sono ghiandaie. Io le chiamo Cornacchie. Ogni
Cornacchia conosce un aneddoto morboso.
"Mi
raccontate una storia?". Chiedo agli uccelli neri nella mia
testa. "Qualcosa per passare il tempo".
In
una cacofonia gracchiante, ogni Cornacchia elenca un servigio
eseguito per l'umanità dai cadaveri: testare procedure chirurgiche,
testare la prima ghigliottina, testare tecniche di imbalsamazione nel
laboratorio di Lenin, essere crocefissi in un laboratorio parigino
per verificare l'autenticità della Sacra Sindone.
"Andate
avanti," dico.
Altre
gracchiate. Altre curiosità macabre.
"La
più lunga esecuzione durò quarant'anni" dice una Cornacchia.
"Re Gustavo di Svezia voleva vedere quale fosse peggiore, caffè
o tè. Il bevitore di tè morì prima".
Stringo
il mio bisturi. "Penso che io sarò più veloce".
Questo
fa agitare le Cornacchie che fanno ballonzolare le teste sui rami.
Un'altra cornacchia canta un vecchio slogan della Mountain Dew:
"Solleticherà le tue interiora!"
Un
grasso corvo filosofo, alto su un ramo a testa in giù, pontifica ai
suoi seguaci se ci sia o no un aldilà, e cosa succederebbe se
l'umanità collettivamente decidesse che non ve n'è alcuno. Alla
fine ipotizza che finiremmo per crearcene uno comunque. Forse
congeleremmo i nostri cervelli, trasformeremmo le personalità in
codice binario, spezzeremmo le anime in uni e zeri, e le invieremmo
in vastissimi aldilà virtuali.
"Potremmo
scaricare i morti in hard disk chiamati Paradiso e Inferno?"
chiede una Cornacchia.
"Da
dove si scaricano i bambini?" chiede un'altra.
"Chi
giudicherebbe un'anima e quale sarebbe il criterio di
catalogazione?".
"Ci
sarebbero programmi angeli e demoni per continuare la manutenzione e
prendersi cura dei virus?"
"Potresti
tenere sedute spiritiche con familiari morti via e-mail?"
"Riceveremmo
spam dai morti?"
Questi
sono pensieri assenzio-guidati --- un delitto nella mia testa.
I
colori fluiscono, le ombre danzano. Fuori, le zucche diventano teste
mozzate. Una testa umana è circa dello stesso peso e taglia di un
pollo arrosto. Sorrido alle teste, familiari e rassicuranti. Ricordo
il giorno in cui vidi file e file di teste mozzate dentro pentole di
alluminio per arrostire, allineate su tovaglie di plastica profumate
di lavanda rilassante, mentre attendevano pazientemente gli studenti
di chirurgia estetica.
"Giorno
dopo giorno, testa dopo testa--- il sogno bagnato di un serial
killer--- mentre gli studenti giocano coi morti, jiggety-jig"
canticchiano le Cornacchie.
Il
4C si accende.
Il
mio mostro è a casa. Posso vedere la sua silhouette nella finestra,
il suo torace, le spalle e braccia così inverosimilmente massicci.
Hector tira fuori una bottiglia e tracanna.
Mi
sento minuscolo. Sono un microbo. Lui è un mammut.
Poi
penso a Jane e ai suoi occhi dorati. Lo sto facendo per Jane. E
questo mette tutto a posto.
"Cin-cin,
Hector. Ci vediamo."
Lui
beve dalla sua bottiglia e io dal mio thermos. Si suppone che
Napoleone e i suoi soldati assumessero assenzio. Li rendeva senza
paura in battaglia, mentre marciavano nel fuoco dei moschetti---
potenziati con il verde fuoco-divino. Conquistando. Invincibili.
"Nel
1915, l'assenzio fu proibito in Francia," dice una Cornacchia
erudita. "Pensa alla loro storia militare dopo quel punto e
ricava le tue conclusioni."
L'assenzio
scricchiola e cigola nella mia testa, come gambi di granturco che
cianciano nel buio. I bambini si dileguano dalle strade lamentose.
Poche zucche sono sopravvissute. Sorrido ancora al frutto malefico.
Poi, tutto va male.
L'aria
si arrabbia.
Le
vibrazioni diventano negative.
Il
finestrino della mia auto scivola giù fino a metà prima che riesca
a forzare via il dito dal pulsante, e fermarmi dall'urlare ai
bambini, implorandoli di finire il lavoro. Una piccola ragazzina
rimasta indietro vede i miei fari che incrociano la strada. Gira la
testa e le sue fauci si riempiono di denti da squalo, il suo teschio
di zucchero è un osso umano colante di midollo. Mi tappo le orecchie
al suono dello stridio epilettico di dente su osso.
Mi
chiedo dove sia Nyx. E' al sicuro? E' finita come gli altri?
Ricordo
di aver raccontato a Nyx che ero preoccupato di non essere in grado
di distinguere i veri mostri dalle allucinazioni. "Non importa",
mi ha detto, "non se spari a tutti quanti."
Diverse
teste-zucche ridono di me. I graffiti scivolano su e giù nei muri,
formando testi osceni e apocrifi. I vicoli sibilano e tremano.
Dall'altra
parte della strada, il cartellone a forma di faccia di clown delle
ordinazioni del fast-food mi adocchia, si illumina; il suo sorriso da
gargoyle blatera in sussurri demoniaci, mormorando segreti che non
riesco proprio a capire--- promettendo qualcosa di orribile se anche
solo una di quelle zucche viene lasciata lì al rintocco della
mezzanotte. Cerco educatamente di ignorarlo.
Sento
le parole di Mr. Knock: "Giù per la tana del bianconiglio,
ragazzo! Dritto minacciosamente attraverso la lastra di vetro, nella
stanza segreta dove Alice giocava al tè coi cadaveri. Niente
investimento, niente guadagno. Una volta che vedi l'Abisso, lui vede
te."
Fuori,
piccioni svolazzano su ali di pipistrello. Da qualche parte, voci
fantasmagoriche ululano con lamenti di caprimulgo. Un palazzo oscilla
su zampe di gallina dagli artigli insanguinati, pronto a scappare via
come un fuggiasco di una favola russa.
Chiudo
brutalmente gli occhi. Penso a Jane. Medito sulla sua pallida
bellezza. Penso ai suoi occhi luminosi.
E
si ferma.
Le
strade tornano ad essere dipinti impressionisti.
Il
mio sospiro di sollievo si blocca in gola, strozzandomi, quando noto
una figura nello specchietto retrovisore. La sagoma è una macchia
informe, appollaiata sul bagagliaio della mia auto. Mi giro di
scatto. Poi quella sensazione mi colpisce. Quella che provi quando
perdi le tue chiavi sebbene non vi sia alcun posto in cui potrebbero
essere, a parte la tua tasca.
Non
c'è nulla. Niente figura.
Ha
infestato i miei progressi. E' stato lì sin dall'inizio---
sussurrandomi indizi alla Fontana di Buckingham e al parco giochi,
sull'altalena. Mi ha donato le briciole.
La
mia ombra, Jane. Diceva di essere la mia ombra.
E'
ora, Hector.
Scendo
dall'auto. Mi congelo. I dubbi continuano a ronzare come mosche
carnarie fornicanti, pensieri sulle braccia massicce di Hector e la
sua presunta tendenza a divorare i feti dei fratelli. Ma c'è altro.
Sono su un baratro. Dall'altra parte c'è un atto sanguinoso. Da
questa parte, sono un bravo ragazzo.
Guido
sempre entro i limiti. Tengo le porte aperte per le persone. Evito il
conflitto.
Penso
a Jane---i suoi occhi dorati. Penso a come Hector e gli altri hanno
fatto del male a Jane. Penso alla promessa che le ho fatto, l'ultima
volta che l'ho abbracciata e baciata. Lo sto facendo per Jane.
Ed
è abbastanza.
Apro
la lampada del genio racchiusa nel mio petto, e ne lascio strisciare
fuori qualcosa di disgustoso.
Le
Cornacchie svolazzano e strillano sull'albero fantasma. Sfodero il
mio bisturi. Se lo faccio nel modo giusto, mi servirà solo il
bisturi.
Lei
è fredda, rigida e raffinata.
Provo, e mi lascio essere
così raffinato, così freddo. Il suo bacio è leggero e preciso.
Il
mio riflesso mi fissa dalla finestra di un negozio, ma non lo
riconosco.
L'hai
mai fatto, Jane--- fissare uno specchio finché la tua faccia diventa
strana? La parola detta troppe volte, aliena sulla lingua. La libertà
di perdere la propria identità.
Questo
nuovo essere mi osserva. Indossa i miei abiti neri, ma gli stanno
meglio. Ha il mio cappotto logoro. I suoi capelli, scuri e
scompigliati, spuntano da sotto la sua bombetta nera. Porta i miei
occhiali, ma la luce tremolante dei lampioni li trasforma in bianche
e inumane feritoie.
Nel
riflesso, dietro di me, di nuovo la figura distorta.
La
mia ombra.
Sobbalzo
girandomi ma prima che possa anche solo voltare la testa, torna la
sensazione delle chiavi perdute. E poi...
Niente.
Mi
ricordo, Jane, la mia ombra prese vita. Loki. La mia ombra disse che
il suo nome era Loki e dopo che ci separammo, non potei più
ricucirmela addosso.
"Guarda
questo" dico, sfidando l'aria. Mi volto indietro verso la
finestra e il nuovo essere ha un sorriso. Tutto è scuro a parte le
feritoie scintillanti e il sorriso luminoso, una faccia da Stregatto.
Mi
giro e percorro sinuoso e furtivo, sull'asfalto cosparso di foglie,
la strada verso l'appartamento di Hector, la testa piena di
stregonerie verdi, intenzioni malvagie, e ogni sorta di crudeltà.
Sto
sfondando il limite di velocità.
Sono
fuori percorso.
Sono
sotto il letto.
Hic
sunt monstra.
Ho
fatto tutto per te, Jane. Che genere di storia è questa? Noir?
Orrore? No. Questo è un poema d'amore. L'ho scritto con un bisturi.
Mi
apposto all'ingresso del palazzo di Hector. Scuoto il polso e
qualcosa di lucente e affilato appare nelle mie dita.
Ma
questo non è l'inizio, Jane. Cominciò tutto con i tuoi occhi.
Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati, la prima volta che ti
ho tenuto la mano? Sei arrivata nel Laboratorio Autopsie 6 e ho
osservato i tuoi occhi dorati, imperturbabili. Ci siamo conosciuti
nel Laboratorio Autopsie 6.
Stringo
il mio bisturi e calpesto una zucca ridacchiante prima di entrare.
Ti
amo, Jane Doe.
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