lunedì 16 dicembre 2013

Stranezza di proporzioni: Capitolo 1



Ed eccoci qui, già al secondo passo verso la traduzione completa di questo bellissimo romanzo.
Se volete lasciate un commento, la storia di Simon non è qualcosa che si sente tutti i giorni.
Come al solito i ringraziamenti vanno al lavoro tempestivo e meticoloso dell'editor Sara.
Qui il link alla parte precedente comprendente il prologo, per chi se la fosse persa:

http://nopipeblog.blogspot.it/2013/12/stranezze-di-proporzioni.html


Atto primo




Fin dall'ore dell'infanzia non fui mai
Simile agli altri, mai vidi le cose
Come gli altri le vedevano, né seppi
La mia passione trarre da una comune fonte,
Dalla stessa sorgente non presi il mio dolore,
Sulle stesse tonalità non ho potuto
Risvegliare alla gioia il mio cuore,
E tutto quel che ho amato, da solo io l'ho amato---
—Edgar Allan Poe, “Solo”





Capitolo 1



Volete sentire una storia?

Questa è una di quelle belle. E' anche corta.

Questa è la storia, e la storia dice: Simon conosce Jane D. al lavoro. Lei gli racconta di chi le ha fatto del male. Lei sorride. Questo è amore.

Questo è rigor mortis.

Fine.

C'è una storia più lunga. I diavoli si annidano tutti nei dettagli. E' una storia abbastanza grande da riempire un teschio umano. Le storie sono ingressi. Non dovete fare altro che bussare. Questa è la storia, e la storia dice:

Lui chiama il suo nome:

“Soggetto: Jane Doe.

Questa è la prima parte del rituale.

Il nome del nostro eroe è Simon Meeks. Lavora nel turno di notte, nel Laboratorio Autopsie 6, come patologo forense. Odia sentire la sua voce registrata, pensa che suoni metallica, come il tavolo di acciaio inossidabile. Simon è in piedi nel Laboratorio Autopsie 6 e sorride di rimando.

Le unità di refrigerazione mormorano il canto funebre. Il nostro eroe sa le parole, conosce il rituale, ma la sua gola si secca. Sente arrossire le guance molli e il sudore che scorre sulle mani sotto i guanti di lattice blu. Non sa cosa dire. Il registratore audio continua a funzionare.

Volevo dirti che sei bellissima, Jane.

“Il soggetto è... soggetto... umh...”

La sua pallida bellezza, adesso è tinta da una sfumatura blu, che però le dona. Esile di corporatura, con un viso brillante. Le labbra scherzose e generose nel loro sorrisetto da post mortem.

I capelli biondi sono così chiari da sembrare bianchi sbuffi di fumo e nebbia fatati.

Le ossessioni nascono nel tempo che ci vuole ad aprire una porta.

Simon le scosta con gentilezza i capelli dagli occhi. Gli occhi.

Gli occhi!

Qui, là, ovunque, c'è solo il colore degli occhi--- ramato ma dorato alla luce. Quegli occhi--- i più grandi che abbia mai visto. Ventisette... no, ventotto millimetri! Nove grammi, per Dio! Pianeti di nove grammi. Oceani di nove grammi versati in perfette cavità oculari. Tuffarvisi dentro, immergendosi profondamente, nuotare nella gelatina viscosa, la carezza dell'umor vitreo, come il sussurro ectoplasmatico di un fantasma. Andare in profondità, scalciando e nuotando attraverso la densa rete di tessuto connettivo e il biancore della tonaca fibrosa. Più in profondità attraverso l'oscurità della tonaca vascolare. Più in profondità, immergersi ancora più profondamente nella tonaca nervosa--- Oh bastoncelli, Oh coni, Oh retina--- e ancora più in profondità. Raggiungere le porte dell'anima attraverso i nervi ottici. Immergersi in profondità e restarvi per sempre, a guardare attraverso vetrate d'ossa dorate!

Ventinove minuti.

“Cosa---?”

Simon urta la sua bottiglia di Mountain Dew, un fiotto giallo-verdastro. Solo che non è Mountain Dew. Guarda l'orologio. E' stato perso negli occhi di Jane per ventinove minuti. La monomania è una trappola mentale in cui Simon è abituato a cadere, ma mai così improvvisamente. Poi si accorge...

A volte, non realizziamo quanto orribile sia il rumore--- il grattare del femore rotto sulla lavagna, il rumore che fa zampillare sangue nero dalle nostre orecchie--- finché non udiamo il sollievo del silenzio. Lui sente il sollievo. Gli occhi dorati di Jane calmano il vetro spezzato nella sua testa, estraggono cocci e schegge dove medicazioni su medicazioni avevano fallito, fino a un livello che né gli esercizi per le mani, né le carte, né le monete avevano mai raggiunto. Pace e chiarezza ravvivate nel balsamo dei suoi occhi dorati.

La storia comincia e si conclude con i tuoi occhi. Eh, Jane?

Simon guarda le sue labbra, ancora curve, ancora sorridenti e incoraggianti. Lui ricorda il rituale.

“Soggetto: Jane Doe.”

Rigor mortis. E' morta davvero recentemente--- nelle ultime sei ore.

L'irrigidimento continuerà a diffondersi attraverso tutto il corpo per un lasso da sei a dodici ore, vi resterà per altre sei fino a dodici ore, e poi quello stato svanirà nelle seguenti sei fino a dodici ore. I nuovi morti sono sempre tesi all'inizio, ma alla fine si rilassano.

L'ora della morte è importante. Temperatura interna, rigor mortis, lividezza, colore della pelle, il contenuto dell'intestino--- sono tutte prove.

Se il corpo rimane disperso per tre o quattro settimane, gli insetti forniscono prove. Su tutte le milioni di specie, solo un centinaio o poco più si nutre di cadaveri e le infestazioni si susseguono in schemi ordinati e prevedibili: larve, scarafaggi, pupe, adulti--- tutto un putrescente alfabeto Braille per la percettiva mente forense.

Uno potrebbe essere in grado di stimare l'ora della morte entro un giorno. L'entropia, stronza malefica. Prima cancella le prove, ma poi, pentendosi, si scusa con dei bouquet di larve.

L'ora della morte è stimata sulla scena del crimine, prima di insaccare il corpo. Ma prima di quello, la morte deve essere confermata e i segni vitali verificati, non importa quanto sia ovvio il decesso della vittima. Simon non ha mai cercato segni vitali in una testa decapitata, ma certe storie si sono diffuse.

Non fanno accedere Simon alle scene del crimine. Non più. I suoi colleghi infestano i corridoi dell'obitorio con i loro sussurri. “Si trova meglio con i morti che con i vivi.” Quello è il mantra, il mito, lo bisbigliano quando credono che lui non li senta, e lo chiamano il Ghoul persino quando è presente. Fin dal caso Twiss. Troppo strano da tollerare, troppo talentuoso per essere licenziato, lo hanno bandito al turno da becchino.

E' tutto tranquillo nell'obitorio a quest'ora della notte--- solo il giovane patologo e il cadavere dagli occhi dorati, tutti e due sorridenti, tutti e due tesi, tutti e due troppo spaventati per fare la prima mossa. Simon fissa il sorriso e gli occhi così incredibilmente grandi.

Le sue espressioni facciali hanno tutta la drammaticità esagerata tipica degli attori dei film muti. Esprime i suoi segnali sociali con una frequenza d'aggiornamento diversa dai suoi colleghi. Giusto un po'... fuori tempo.

Simon rompe il ghiaccio rimuovendo le borse di plastica che proteggono le delicatissime prove su mani e piedi. Spezza il silenzio con la sua voce inossidabile:

“Il colorito bluastro suggerisce una morte per ipossia.”

E' tempo di passare all'Acqua Morta? Prende il bisturi. E' il momento per la sua mania? No. Mette giù il bisturi. Non ancora.

Desideroso e apprensivo--- balli di fine anno scolastico e farfalle nello stomaco. Eh, Jane?

Simon esamina le note relative alla scena del crimine, inizia a tessere la fiaba di come questa bellezza addormentata è arrivata a lui.

L'hanno trovata che danzava nel vento.

La polizia ha scoperto il corpo di Jane Doe che pendeva da un albero, appeso a un cappio di corda in una vecchia birreria all'aperto, illuminato dalla tremolante luce di un lampione morente. Un vento freddo era giunto dal lago e, secondo l'unico testimone--- un ragazzino che stava esplorando la proprietà confiscata---sembrava come danzare nell'aria. Ha raccontato alla polizia, “Era graziosa.”

Avrei voluto vederti danzare, Jane.

Simon taglia il cappio sul suo collo, amorevolmente rimuove il rozzo medaglione e lo insacca. Lascia il nodo intatto. I nodi hanno le loro prove da offrire. Nessun altro testimone. Nessuno nel vicinato ha visto, udito, o dichiarato nulla di malvagio.

Le tre scimmie sagge, Jane. Tutte e tre sono morte, gli hanno sparato in testa, e adesso tocca a Simon trovarli.

Per ogni cadavere c'è un labirinto fatto di domande che porta dal corpo alla verità. Le direzioni che uno può scegliere nel labirinto sono determinate da alberi binari di decisione--- SI o NO.

Simon recita, “femmina, caucasica, sulla ventina, trovata impiccata con un cappio di corda, mostra colorito bluastro che suggerisce morte per mancanza di ossigeno.”

Simon è nel labirinto con i morti. Guarda verso un corridoio e quel corridoio è una domanda, e la domanda è: I segni delle corde hanno il bordo infiammato da una reazione fisiologica? Se NO, allora la vittima era morta prima ancora di essere stata impiccata, cosa che suggerirebbe fortemente un omicidio. Da qui, un corridoio chiede: L'osso ioide nel collo è rotto? SI suggerisce uno strangolamento manuale. Ma se è NO, il prossimo corridoio nel labirinto chiede: Ci sono lividi intorno al naso e alla bocca? SI suggerisce soffocamento e NO implica una compressione deliberata del collo causante inibizione del nervo vago per fermare il cuore. Entrambi alludono ad un omicidio occultato come suicidio.

Jane però non accompagna Simon nel suo percorso. I segni della corda mostrano il bordo infiammato, una reazione fisiologica. SI. Era viva prima dell'impiccagione.

“Strano,” dice Simon. Ci sono tre gruppi di segni da corda sul suo collo, in tre punti diversi, tutti con il bordo infiammato. Perché?

I segni sul collo combaciano con la corda? NO suggerisce uno strangolamento con un laccio. Ma i segni di Jane combaciano con la corda: SI. I segni della corda formano una V invertita nel punto di sospensione? SI. Questo implica un suicidio.

Il labirinto va in frantumi. Qualcosa non torna.

“Perché i segni extra, Jane?” chiede Simon. Lei non risponde. Sebbene sorrida, è ancora troppo timida. Ci vorrà altro lavoro per guadagnarsi la sua confidenza, per portarla ad aprirsi.

Simon taglia un campione dei suoi capelli sbuffo-di-fumo. Prende la sua mano, china il capo, e prova un approccio differente.

“Ciao, Jane. Il mio nome è Simon”

Si prende un momento per rabbrividire all'assordante tinta dello smalto per unghie sulle dita di mani e piedi, un arancio scottante, le budella incandescenti di una zucca nucleare. Con gentilezza raschia sotto le sue unghie. Ecco! Scaglie di pelle e sangue.

“Qualcuno ti ha fatto tutto questo, Jane” dice Simon, la voce metallica che si acuisce.

Ma li hai presi. Con un'etichetta che dice--- sono loro. Eh, Jane?

Simon conserva i campioni di tessuto per un'analisi.

Purtroppo deve andare più in profondità--- raggiungendo l'ingresso per l'anima tramite incisioni a Y e lucida follia. E' tempo per la mania di Simon. E' tempo di passare all'Acqua Morta.

Simon chiude la porta a chiave. Agguanta la bottiglia di Mountain Dew e beve l'assenzio. Tutto quanto. Con il retrogusto maligno di liquirizia, percepisce la verde alchimia, le radici di assenzio che crescono nel suo cervello, l'albero a testa in giù che cresce nella sua testa e si nutre dei morti, e le Cornacchie, sempre le Cornacchie, che urlano filastrocche apocalittiche.

Simon prende la mano di Jane.

Volevo dirti che sarebbe andato tutto bene, Jane, che il peggio era passato. Volevo chiederti qualcosa sul colore dello smalto. Volevo dirti che eri bellissima.

Nel Laboratorio Autopsie 6, la mano di Jane Doe si muove, stringendo quella di Simon.

Questo è rigor mortis.

Questo è amore.





* * * * *



Buoni, buoni, non agitatevi, carissimi. Questa è bellezza oltre le convenzioni. Questa è una storia d'amore dall'altra parte dell'entropia. Assistete ad una favola che sfida la tirannia dei vermi.

Entrate ora! Si recita tutta nel Laboratorio Autopsie 6.

Simon Meeks ondeggia per gli effetti di alcol e assenzio. E la stanza ondeggia, trema, e singhiozza, diventando per gradi sempre meno reale. Lui è davvero vicino---a quel luogo che è reale.

L'albero fantasma, un fiore dai petali-volatili marcescenti, fiorisce nella sua testa. “JaneDoeJaneDoeJaneDoeJaneDoe,” dicono le Cornacchie. Ci fu mai un nome tanto bello?

Lui chiude gli occhi, chiama il nome di lei nel buio, e segue l'eco---Simon Meeks, che segue sempre l'eco delle cose, ma mai le cose.

Porge un orecchio sulla sua fredda bocca. Può sentire l'oceano.

L'Acqua Morta.

Segue l'eco finchè non si dissolve nel sospiro della marea notturna.

Lo insegue finchè non annusa e assapora gli spruzzi così salati e agrodolci. Lo insegue sempre più veloce e ancora più velocemente in quel luogo dove la nostalgia ci attira con più forza della gravità lunare---giù---finchè i suoi piedi non avvertono l'acqua fredda.

Le sue mani vestite di lattice si muovono automaticamente di loro spontanea volontà. Hanno affinato quei movimenti fino ad ottenere un perfetto processo mnemonico. Misurano e registrano: fatti, numeri. Esplorano Jane, affidando ogni parte di lei alla memoria, ogni avvallamento, ogni sporgenza di lei, ognuna delle cinquantadue grinze sulle sue labbra. Le mani impiegano dei tamponi, prelevando campioni dalla sua bocca, retto, e organo sessuale.

E da qualche parte in lontananza, forse in un sogno, Jane danza a piedi nudi su una spiaggia, vicino al mare d'ebano. Sorride. Saluta Simon. Lei---

Tick. Tock.

L'orologio tuona nel Laboratorio Autopsie 6. Gli occhi di Simon si aprono. “No.” Prova di nuovo. Le sue mani prendono un bisturi e tagliano un'incisione a Y su Jane, dalle spalle al bacino. Svestono della pelle il suo petto.

E da qualche parte in lontananza, forse in un sogno, Jane siede su una panchina. Fa cenno a Simon di sedersi vicino a lei. Apre la bocca e---

Chiacchere. Farfugliamenti.

Voci casuali parlano avanti e indietro, su passi pesanti, nel corridoio fuori dal Laboratorio Autopsie 6. Gli occhi di Simon si aprono, incrinati da verdi linee seghettate. “No!”. Prova ancora, ma è inutile. Anche solo il peso dei suoi piedi è una distrazione.

C'è però una maniera più diretta, un ingresso all'Acqua Morta, e il bisturi è la chiave per il lucchetto. Simon dice a Jane che va tutto bene. Il peggio è passato. E le ossa limpide dicono “Tagliuzza-sgranocchia-tagliuzza-sgranocchia”. La gabbia toracica di Jane si apre come mani dopo una preghiera. Simon controlla il lucchetto, si rinvigorisce. La sua mano scivola dentro la cavità nel petto di Jane.

Accensione.

Gli occhi di Simon si rovesciano e il corpo è scosso dalle convulsioni. Viene inondato da un gelido fuoco verdastro. Il mondo si scioglie.



* * * * *

Dove siamo?

Il sonno non ha un luogo da chiamare casa.

Simon e Jane siedono su una panchina di pietra sepolcrale. I piedi nudi dondolano e si bagnano nell'acqua nera. Tutti e due si guardano--- poi rapidamente guardano da un'altra parte. Guardano tutti e due in alto---e da un'altra parte. Curvi in avanti sul loro posto, guardano in basso, scalciando l'acqua nera. Timidamente. Goffamente. Lei è una bambina e lui un bambino, sulla panchina sepolcro vicino al mare d'ebano.

Niente luna, niente stelle, nell'Acqua Morta, solo il soffice bagliore della sabbia bianca sulla spiaggia sgargiante. Tutto il resto è nero.

Simon fruga nelle tasche del suo cappotto, le mani che tornano su vuote. Fa spallucce a Jane e teatralmente si tira su le maniche. Allargando le mani, fa un movimento, facendo apparire un piccolo giglio ricurvo dal nulla. Simon offre il pallido fiore a Jane. Con un singhiozzo e una risatina, lei accetta, sbattendo i suoi occhi dorati.

Si avvicinano l'uno all'altra sulla panchina sepolcro vicino al mare d'ebano. Simon arrosisce, guarda di nuovo l'acqua.

E da qualche parte lontano, forse in un sogno, Simon taglia e rimuove laringe ed esofago dalla faringe di Jane.

Niente luna nell'Acqua Morta, solo il bagliore luminoso della sabbia d'avorio. Niente tempo nell'Acqua Morta; le ore respirano fievoli e sommesse. Jane, sorridendo, odora il suo giglio. I suoi pallidi capelli, tinti di blu dalla luce lunare, si gonfiano nel necro-vento.

Il suo sorriso diviene però un cipiglio quando vede Simon ancora nervoso. Poi, il cipiglio si arriccia monello e lei tocca Simon con giocosa violenza, scappando, le risatine che inseguono la sua scia.

L'espressione scioccata di Simon diventa un ghigno e comincia l'inseguimento. Giocano ad acchiapparsi sulla spiaggia sgargiante che dà sul mare d'ebano.

E da qualche parte lontano, forse in un sogno, Simon rimuove gli organi dal suo corpo.

L'acqua nera lambisce le rive plutonie, trasformando la spiaggia in una contrada di sospiri. Simon e Jane giocano, ridendo e adocchiandosi. Simon si leva la bombetta nera, la tiene di fronte a sé, e con un astuto colpetto del polso, il cappello sembra prendere vita e balzare via dalle sue mani. Jane ansima. Simon si piega in basso per raccogliere il cappello, ma con un ancora più astuto colpetto di polso, il cappello sembra saltare via dalle sue dita. Jane ride. Simon rincorre il cappello, ma con il più astuto dei colpetti col piede, il cappello saltella via. Jane ride e applaude mentre Simon continua l'inseguimento, mentre cerca di avvicinarsi furtivamente al cappello, quando questo balza via in un un climax finale con Simon che ruzzola per terra, il cappello che si poggia tra le sue gambe divaricate.

E da qualche parte lontano, forse in un sogno, Simon travasa fuori l'ultimo pasto di Jane dal suo stomaco, con lo stesso tipo di mestolo che usa anche a casa.

L'acqua nera inizia a crescere. Simon si alza, ripulendosi. Lui e Jane sono davvero vicini, guardandosi negli occhi, le dita dei piedi che si arricciano e scavano nella sabbia di polvere d'ossa. Lui si lecca le labbra. Lei morde le sue. Imbaldanzito Simon le prende la mano. “Posso chiederle questo ballo?” Lei annuisce. Oscillano nel triste ritmo jazz dell'Acqua Morta. Gli occhi di Jane diventano ampi piatti dorati, così stringe a sé Simon. Si apre a lui.

E da qualche parte lontano, forse in un sogno, Simon tiene in mano il pegno d'amore violaceo e scintillante che è il cuore di Jane.

Danzano sulla marea notturna nella spiaggia sgargiante.

Poggiano le loro fronti una sull'altra, gli occhi a qualche centimentro di distanza. Lei trema e Simon la stringe ancora più a sé. “Perchè il cappio ha morso il tuo collo più volte, Jane?” Lei gli sussurra qualcosa nell'orecchio. “Loro... loro ti hanno appesa più volte--- ti hanno appesa tre volte. Ma perchè?” Lui pone le mani sulle guance di Jane, rassicurandola. Smettono di ballare, sebbene l'Acqua Morta continui a suonare.

E da qualche parte lontano, forse in un sogno, il bisturi di Simon esegue un taglio da dietro uno degli orecchi di Jane, oltre il suo capo, fino a dietro l'altro orecchio, e, con uno strattone, scuoia amorevolmente la sua testa.

Passeggiano lungo la riva plutonia, mano nella mano. Simon si ferma. “Volevano qualcosa, eh Jane? Ti hanno appesa a quel cappio tre volte per spaventarti e ogni volta che ti abbassavano ti facevano delle domande.” Jane annuisce, sospirando in un mezzo sorriso. “Perchè?” Le si morde il labbro inferiore, scrolla le spalle, e distoglie lo sguardo da Simon, fronteggiando il mare d'ebano.

Lei stacca i petali dal giglio e li lascia vagare trasportati dal necro-vento. “Chi ti ha fatto questo, Jane? E perchè?” Simon la sfiora e---

No.

Qualcosa sbatte in lontananza.

Non ancora.

Il mondo si scioglie in cera. L'Acqua Morta evapora. Jane cade indietro. Simon urla, la sfiora, afferra il giglio e cerca di tirarla indietro, ma il fiore appassisce nelle sue mani.

La polvere si disperde attraverso le sue dita mentre le stringe e Jane scivola via come i ricordi di un sogno che si dissolvono sotto il getto della doccia.

No-no-no-no-no-no-no---

Non vuole abbandonare l'istante. Non vuole tornare alla sua vita da sonnambulo. Ma sente le esplosioni tettoniche di qualcuno che sta bussando alla porta del Laboratorio Autopsie 6.

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